La European School of Economics, nel 1997, ebbe l’onore di ospitare alcune Lecture del professor John Nash, Premio Nobel per l’economia nel 1994. In quell’anno Nash teneva un ciclo di conferenze dal titolo Ideal Money and Asymptotically Ideal Money nelle più prestigiose scuole del mondo, ed ESE contribuì ad offrire risonanza ad una voce che ebbe l’indubbio merito di rivoluzionare il mondo dell’economia mondiale.
Una vita tra genialità e follia, come raccontato nella sua più celebre biografia, “A Beautiful Mind” di Sylvia Nasar, poi divenuta anche un film Premio Oscar sotto la direzione di Ron Howard, che non ha impedito a questa “mente bellissima” di dare corpo ad alcuni delle più affascinanti implicazioni della celebre “Teoria dei Giochi”.
Riproponiamo di seguito, in versione integrale, alcune interviste storiche ed il testo originale di “Ideal Money and Asymptotically Ideal Money”.
Se gli chiedi quale sia stato il momento più brutto della sua vita, si porta le mani alla testa e la scuote lentamente, in segno di diniego «No, non posso rispondere a questa domanda. Ci sono modi diversi, oltretutto, di riflettere su un unico momento, E sarebbe molto imbarazzante, per me, fare una completa analisi di ciò che che a volte penso… John Forbes Nash, l’americano premio Nobel per l’economia nel 1994, uno dei geni matematici di questo secolo, a Roma su invito della European School of Economics, non vuole ricordare quel terribile corto circuito che bruciò la sua mente, per un periodo troppo lungo nella vita di un uomo. Aveva trent’anni, quando fu assalito dalla paranoia schizofrenica, ne aveva 50 quando quella bestia feroce mollò la sua presa. E il Premio Nobel gli è stato assegnato per 27 pagine scritte ad appena 21 anni, prima della malattia, dunque, come tesi di dottorato all’Università di Princeton: in esse rielaborava completamente la Teoria dei Giochi, inventata qualche anno prima da Von Neumann che ha avuto grandi applicazioni in economia, soprattutto per le tattiche del management e del marketing.
A 22 anni, Nash insegnava già al Massachussets Institute of Technology, e fu allora che risolse in maniera definita “sbalorditiva” un problema tratto di Rieman, considerato fino ad allora insolubile. Così sette anni dopo, il futuro Premio Nobel fu definito da “Fortune” la più giovane star della “new mathematics”. Nel 1958 il suo ultimo scritto scientifico. Poi, a poco a poco, la sua mente si spegne. La schizofrenia colpisce di solito durante l’adolescenza. John fu catturato quando era in pieno volo, quando con la maglie, Alicia, aveva già concepito il suo unico figlio, iniziò a saltare da un argomento all’altro, a fare discorsi senza senso, a scrivere strane cartoline. Allontanato dall’Università, girò per l’Europa, con il terrore di essere spiato, perseguitato. Tornato a Princeton, lo vedevano vagare per la biblioteca dell’Università, silenzioso, malvestito. In uno scritto spedito al congresso mondiale di Psichiatria, nel 1996, captato su Internet, ha raccontato così la sua malattia: «…a Boston. al Mit, cominciavo a vedere criptocomunisti dappertutto. Pensavo di essere un uomo di grande importanza religiosa, e in ogni momento sentivo delle voci. Poi iniziai ad ascoltare qualcosa come dei colpi di telefono, nella mia testa, di gente che aveva idee opposte alle mie. Il delirio era un sogno dal quale sembrava non mi svegliassi mai.» E ancora: «Non vorrei mettere in relazione matematica e pazzia, ma non v’è dubbio che i grandi matematici soffrono di caratteristiche maniacali, delirio e sintomi di schizofrenia».
Adesso ha 69 anni, John Forbes Nash e, alto, dinoccolato, leggermente ingobbito nel suo vestito blu scuro, su cui fanno sgargiante contrappunto i calzini crema a scacchi marroni, avanza verso la stanza delle interviste, mentre la platea attende la sua profusione dal titolo “Ideali Money”, moneta ideale, per la cerimonia d’apertura dell’anno accademico 1997-98 della European School. Qui, impietosa, una raffica di domande sul tema del giorno. Con la sua Teoria dei Giochi, si sarebbe potuto prevedere questo crack delle borse di tutto il mondo? «La Teoria è stata applicata alle vendite »all’asta, in linea di principio può essere estesa anche ai giochi speculativi di borsa. Ma qui, fare previsioni attendibili sembra sia troppo complicato». Che consigli darebbe a chi oggi deve investire? «Mah, dovrei dare consigli anche a me stesso: pure io sono diventato investitore, da quando ho avuto i soldi del Nobel (che poi non è granché, 10 mila dollari, visto che il premio è stato diviso con altri due economisti n.d.r.). Diversificate gli investimenti e, se potete, comperate della terra: ci sono ottime occasioni; in giro per il mondo».
Risposte da uomo della strada, per domande spedite forse all’indirizzo sbagliato: Nash, infatti, è un matematico più che un analista dei mercati. Ma anche quando si affrontano temi pia tranquilli, il professore non dà grandi soddisfazioni. Che ruolo ha avuto sua moglie Alicia, nella sua vita? «Una donna è sempre importante, determina il corso della tua vita. Einstein ebbe due mogli, una era una studentessa di fisica e lo stimolò, probabilmente, ma è anche vero che ebbero un grandissimo conflitto. Poi sposò una sua parente, meno conflitti ma anche meno stimoli, perché lei non aveva studiato fisica. Quale delle due era la migliore delle mogli?». Dia almeno un consiglio ai giovani che si avviano oggi al lavoro, lei che ha raggiunto questi altissimi traguardi. «Non so che dire, ci sono altri che sono preposti a dare consigli ai giovani… Io, comunque, non ho raggiunto i miei traguardi, nemmeno in matematica. Non possiamo mai dire che ciò che abbiamo fatto è abbastanza, perché ognuno di noi può dare molto di più. Io ho soltanto raggiunto una certa età, quella dei seniors, dei cittadini anziani. Purtroppo.» e sugli occhi tristi, da cane bastonato, spunta finalmente il sorriso.
Corrado Giustiniano, Il Messaggero (29 ottobre 1997)
È considerato uno dei geni matematici del nostro tempo, il professor John Forbes Nash, fondatore con von Neumann della «Teoria dei Giochi». E per questa teoria, descritta a 21 anni circa mezzo secolo fa, è stato insignito nel 1994 del premio Nobel per l’economia. Era ieri ospite della European School of Economics, per una relazione sulla moneta.
Professor Nash, cosa pensa della crisi delle Tigri dell’Asia?
Vengo da un posto dove per qualche giorno non ho avuto tv e nessuno mi ha parlato di finanza. Ma ho visto che c’è stato un forte crollo dei mercati borsistici».
Sì, ma questa volta ne ha risentito pesantemente anche Hong Kong. Pensa che la ex colonia inglese ne risentirà?
Non so che cosa farà la Cina. Certo è che Hong Kong è una piazza speciale che deve il suo successo al suo particolare modello. Ma questo modello sarà realizzato anche a Shangai o a Canton sarà un problema perché Hong Kong perderà il business, sarebbe un disastro. È come quando una azienda viene venduta a un altro gruppo: tutto dipende da come si comporterà il nuovo proprietario.
Lei pensa che l’Euro avrà successo?
Credo che possa farcela. Ci saranno i vantaggi che abbiamo noi negli Usa dove uno stato può commerciare con l’altro perché ha la stessa moneta e i prezzi sono stabili.
Sarà in grado di essere così forte da soppiantare almeno in parte il dollaro e lo yen come moneta di riserva?
Non importa quanto sarà forte: importa quanto sarà usata. In ogni caso avremo una semplificazione e questo è positivo.
Lei pensa che questa sia una strada obbligatoria?
In Europa ci sono tanti paesi abbastanza ricchi da non avere necessariamente bisogno di
una integrazione. Basta pensare alla Spagna e al Portogallo che hanno aree di riferimento nel Sud America.
Vuol dire che l’integrazione europea è in fondo inutile?
E’ come in un club. Se si fa qualcosa che interessa o è utile ai soci, va bene. Guardi il caso della Nato: gli Stati Uniti in passato hanno speso cifre enormi per tenerla in piedi. Oggi quelle spese non si giustificano più, l’Europa può difendersi da sola.
Quanto potrà durare il boom americano?
Non mi pare che ci sia tutto questo boom. Certi livelli di disoccupazione da noi sono normali, la preoccupazione è se si arriva al 5 per cento. Bisogna anche tenere presente che negli Usa c’è una forte immigrazione che fa concorrenza sull’occupazione. ln altri paesi è diverso. ln realtà il livello di vita degli americani non mi pare cresciuto, è diciamo, stabile».
Una vittoria del capitalismo americano?
Il capitalismo non mi pare minacciato, anche se qualche socialismo, come in Francia, è dietro angolo». .
Qual è il suo giudizio sull’Italia?
Mi pare che vada migliorando le sue finanze, anche se il problema vero non è quanto si spende ma l’efficienza. Forse ci sono troppi dipendenti pubblici, ma questo è vero dappertutto.
Francesco Colonna, Il Resto del Carlino (25 ottobre 1997)